Non voglio entrare nel merito dello svolgimento del Dibattito Pubblico perché sono sotto gli occhi di tutti le difficoltà nel gestire questa iniziativa che ha moltiplicato per cinque (per il numero degli ipotetici tracciati) la protesta spontanea dei cittadini interessati. Vorrei invece fare una pacata riflessione sull’utilità strategica di quest’opera. Il tratto autostradale interessato al potenziamento è un tratto nato “in deroga” alla normativa sulle dimensioni minime delle autostrade. Oggi un’infrastruttura autostradale ha dimensioni precise che sono le seguenti: ogni corsia di ogni carreggiata deve essere di 3,75 metri con una corsia di emergenza di 2 metri e uno spazio, definito “franco psicologico”, ovvero lo spazio tra il guard-rail e la linea bianca che delimita la corsia di sinistra di un metro. Questa sagoma deve essere rispettata anche nella gallerie che in più devono avere delle vie di fuga verso l’esterno. Provate a percorrere la A10 da Genova Ovest e Voltri, compreso il viadotto Morandi e vi accorgerete che queste dimensioni non esistono. Per non parlare del tratto discendente (ma in alcuni tratti anche quello ascendente) della A7 che ogni genovese chiama ancora “camionale” e che, nata nel 1936, ha subito una sorta di ammodernamento negli anni sessanta ma la sua sagoma è assolutamente vetusta e anche pericolosa.
Ebbene in uno studio del 2002 presentato dalla Società Autostrade sul solo nodo di Genova ovvero tra Genova Ovest e Voltri transitavano mediamente 67.000 veicoli come traffico giornaliero medio. Oggi non è difficile , sintonizzandosi sulle frequenze radio che informano sul traffico nazionale, ascoltare tutti i giorni dell’anno che sul nodo di Genova tra le autostrade A7, A10 e A12 ci sono non meno di dieci chilometri di fila per traffico sostenuto o code. Ogni anno si spendono circa 900 ore a causa di blocchi e code. Senza contare l’elevato livello di incidentabilità (le statistiche sono pubbliche e confrontabili) tra più alti di tutto il sistema autostradale italiano. Già a quella data il nodo autostradale di Genova era considerato da tutti come il nodo più critico. Non è un caso che dagli anni ’80 di parla del suo potenziamento. Ricordate la Voltri-Rivarolo? I cantieri aperti nel 1989 furono chiusi definitivamente all’inizio degli anni ’90 con la perdita di 880 miliardi di allora. Sono trascorsi quasi vent’anni e siamo ancora qui a discutere del potenziamento di questo nodo infrastrutturale. Vorrei dare ancora dei dati relativi al livello di inquinamento generato da traffico. Se prendessimo come dato principale l’emissioni di biossido di carbonio (il CO2 principale responsabile dell’effetto serra) consentito dalle nuove norme europee per le vetture euro 4 (non ancora in esercizio) che consentono emissioni di 158 grammi/kilometro e se moltiplicassimo questo dato per la distanza tra Voltri e Genova Ovest circa 10 chilometri, per “solo” 10.000 veicoli in marcia e non fermi in coda (perché sarebbe più alto) avremmo emissioni per 158 tonnellate di CO2. Bene ora moltiplicatelo per 7 ovvero per circa 70.000 veicoli (pesanti e leggeri) che transitano sulla A10 che di dipana tra le case dei quartieri di Voltri, Pra, Pegli Sestri Ponente e Sanpierdarena, avremmo un dato inaccettabile. A questo dato devono essere aggiunte le polveri sottili generate della combustione, le famigerate PM10 e gli inquinanti derivanti dagli aromatizzanti delle benzine fortemente cancerogeni. E badate bene ho considerato solo un futuro livello di emissioni euro 4 oggi la maggior parte dei veicoli è euro 2 o 3 quindi con livelli di emissioni molto più importanti.
I Comitati dei cittadini che si oppongono a questo intervento, invocando l’opzione “0” chiedono il maggior utilizzo del treno sulle linee esistenti, peraltro vetuste e non idonee a sopportare un importante traffico merci per inadeguati raggi di curvatura e gradienti di salita non confacenti al trasporto pesante. Ebbene anche su questa questione è necessario fare un po’ di chiarezza. Come si può imporre ai traffici provenienti dal Portogallo, dalla Spagna o dalla Francia di fermarsi a Ventimiglia e di trasbordare su eventuali treni navetta, (che non esistono) e poi con quale destinazione? Come si può imporre ad un operatore della logistica di usare il treno e non il più flessibile mezzo su gomma, che volenti o nolenti sarà sempre il più usato, accorciando i tempi del trasporto e quindi i costi industriali delle merci. Se consideriamo poi che il traffico pesante è una minima parte di quello che impegna il sistema autostradale perché il più consistente è dato dal sistema logistico delle piccole e medie imprese, che costituiscono la maggior parte del tessuto produttivo nazionale sia industriale che artigiano e che usano piccoli mezzi di trasporto, come si può chiedere loro di aumentare i tempi di percorrenza e quindi dei costi del trasporto che incidono, come dicevo, sul costo finale delle merci per il cittadino? La così detta “ingegneria popolare” poco convince e nel Dibattito Pubblico se ne sono sentite di tutti i colori.
Proviamo inoltre a fere un piccolo sforzo di immaginazione sulla funzionalità del viadotto Morandi grande opera architettonica e di ingegneria strutturale. Oggi ha 43 anni, è stato inaugurato infatti nel 1966, fino ad oggi ha sopportato il peso milioni di tonnellate di mezzi e veicoli ed è stato oggetto di un importante intervento di manutenzione. Immaginiamo se nel corso del dibattito o in fase di stesura del progetto o meglio di costruzione della nuova arteria autostradale che, come comunicato dal Dibattito Pubblico potrebbe essere pronta nel 2020, quindi fra 11 anni, (il viadotto a quella data ne avrebbe 54) e dovesse improvvisamente essere oggetto di un intervento di manutenzione straordinaria per assicurarne la sua funzionalità/staticità e venisse chiuso al traffico, anche parzialmente, cosa succederebbe alla città di Genova, cosa succederebbe ai due bacini portuali di Pra-Voltri e Sanpierdarena, dovrebbero traslare il traffico pesante sulla viabilità ordinaria o la nuova strada a mare? Cosa succederebbe al traffico turistico nord-sud e est ovest e viceversa visto che quell’opera d’arte è l’unico collegamento autostradale tra l’Italia, la Francia e la Penisola Iberica ad ovest. Cosa ne sarebbe del nostro turismo che con fatica tenta di rilanciarsi? Qualcosa del genere è già successo in passato quando era assessore ai trasposti del Comune di Genova Villa ma forse la memoria non aiuta. Quando alla fine di quest’anno dovrà essere chiusa la galleria di Monte Galletto a Bolzaneto sulla A7 ci accorgeremo sulla nostra pelle cosa è voluto dire non avere un’alternativa viaria di grande comunicazione. Ebbene basterebbero queste considerazioni per rendere improcrastinabile la realizzazione di quest’opera. Mi rendo anche conto però delle sacrosante preoccupazioni e dei sacrosanti diritti dei cittadini interessati alla costruzione della Gronda di Ponente. E’ anche vero che non esiste opera infrastrutturale che non abbia impatto sociale. Anche i mercati generali di Bolzaneto l’hanno avuto ma il problema è stato brillantemente risolto. C’è un sistema utile per risolvere questo problema. E’ evidente che essi dovranno avere le massime tutele sia economiche che sociali e questo si può fare nel corso della stesura del progetto preliminare allorché sarà chiaro il tracciato e il suo impatto sulla città, il suo costo reale che dovrà, ovviamente, tener conto di questo importante aspetto. Non è immaginabile oggi senza una idea chiara su quale soluzione scegliere dare concrete risposte alle legittime istanze dei cittadini. Ma altrettanto non si può immaginare una città e una regione che svolge un ruolo transnazionale e che ha nei suoi bacini portuali nei suoi traffici la prima risorsa economica, non più in grado di assicurare la migliore mobilità per le persone in particolare per le generazioni future e per le merci.
*esperto di infrastrutture e trasporti
IL COMMENTO
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