Cronaca

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Su 1550 metri di spiaggia, solo 132 sono liberi. Insomma, neppure il 10%. Benvenuti in corso Italia, la promenade per eccellenza di Genova, la passeggiata a mare del capoluogo ligure, dove il mare però è un miraggio. O meglio, si vede, ma non si tocca. Provate, dalla strada, a scendere sulla spiaggia e a raggiungere la battigia. Anche solo per una passeggiata. Ci riuscite solo se pagate l’ingresso a uno dei numerosi stabilimenti balneari sorti come funghi negli anni scorsi. Quei 1418 metri di spiaggia oggi occupati da cabine, ombrelloni e sdraio sono infatti una eredità del recente passato, ben difficile da scardinare: concessioni per la gestione del litorale, rilasciate decenni fa e ora – fanno sapere dal comune di Genova – difficili da revocare. Chi le ha se le tiene belle strette, vista la rendita che producono. Insomma, tutto frutto delle scelte degli anni 50/60, quando l’allora classe dirigente decise che Genova non sarebbe più stata una città di mare, se non per pochi. Perché se corso Italia è stata divisa a lotti e trasformata in un unico, ininterrotto stabilimento balneare, a ponente è stato deciso di insediare le ben note attività industriali, scippando il mare ai genovesi. In risposta oggi da Tursi fanno presente che se si conta il tratto da Nervi a Voltri le spiagge libere in città sono il 40%. Compresi quei 132 metri di corso Italia. Talmente pochi e per pochi, che quasi quasi ce li spacciano per esclusivi. (Davide Lentini)