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Fissata la data per l'addio ai motori termici, 2035: ma l'Europa non è pronta
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di Matteo Cantile

Quando, erano gli anni novanta, la pubblica opinione cominciava a interrogarsi sulla possibilità di chiudere i centri urbani alle auto, io ero dalla parte degli scettici. Credevo che impedire alle auto di arrivare sotto casa costituisse un affronto alla libertà di movimento dei cittadini e non tenevo in nessun conto il beneficio che la comunità avrebbe tratto da quella scelta. Poi ho cambiato idea. 

Lo confesso perché sto forse per ripetere lo stesso errore su un altro argomento ecologista: credo, infatti, che la svolta elettrica sulle automobili fissata dall'Unione Europea per il 2035 sia un pericoloso salto nel buio. O, peggio, una colossale stupidaggine. 

Analogamente alla faccenda del traffico limitato, anche sull'elettrico spero di sbagliare e cambiare idea: al netto della poesia del rombo di un motore V12 Ferrari o Lamborghini, che tanto non ho i mezzi per acquistare, non c'è nulla di male nel guidare automobili meno inquinanti. Per di più quando ho avuto occasione di provare una Tesla, che pure a regime non sarà la più diffusa tra le auto elettriche, mi sono anche divertito, con quel sibilo diabolico che precede una ripresa che ti schiaccia ai sedili. Questo, però, non mi impedisce di pensare che la fretta con cui a Bruxelles stanno correndo verso le auto elettriche sia un errore. 

Inquadriamo la questione: dal 2035 non si potranno più commercializzare veicoli nuovi con motore endotermico, alimentati cioè a diesel, benzina, gpl, metano. Questo ovviamente non significa che l'auto Euro 6 che state per comprare, magari spinti dalle prossime misure anti inquinamento varate dal comune di Genova, tra 12 anni non potrà più circolare: il divieto sarà applicato solo alle auto nuove.

Questa decisione avrà da un lato effetti forse blandi sul rinnovo del parco auto, anzi se i prezzi dell'elettrico non dovessero allinearsi a quelli dei motori termici le immatricolazioni dal 2035 potrebbero persino rallentare; contestualmente si produrrà un effetto distorsivo sul mercato dell'usato, con un inevitabile crollo delle quotazioni dei mezzi con motore endotermico che con l'approssimarsi della data fatale (e anche oltre, a maggior ragione) nessuno vorrà più: questo, se non sostenuto da forti incentivi di Stato, costituirebbe un ulteriore rallentamento al rinnovo del parco auto. Potremmo dunque trovarci di fronte a un paradosso: invece di spingere verso l'elettrico, l'obbligo potrebbe avere l'effetto opposto. 

Elettrificare il 100% del nostro parco auto avrà un impatto inevitabile anche sull'industria dell'automobile: le preoccupazioni sulla tenuta del livello occupazionale sono fortissime e arrivano sia da Confindustria che dai sindacati. Il nostro Paese è molto indietro nella transizione ecologica e lo è in particolare l'automotive: il problema, peraltro, non è solo italiano visto che tutta l'Europa non si è ancora lanciata seriamente nell'elettrificazione. Basti pensare che nella produzione di batterie per auto elettriche i leader del mercato sono tutti orientali: la Contemporary Amperex Technology Limited (l'acronimo è Catl) si mangia il 34% del mercato globale. I coreani di Lg sono al secondo posto con il 14%, seguiti da un altro gruppo cinese, Byd (12%) e poi i giapponesi di Panasonic con il 10%. Il resto delle briciole lo spazzano comunque altre imprese con gli occhi a mandorla. 

In questo quadro il 2035 è una data di scadenza troppo ravvicinata per consentire davvero alle imprese europee di rendersi autonome sul piano produttivo ed è vista come un regalo non necessario ai competitor extra UE. Forzare così la mano sui tempi, poi, obbligherà i Governi del vecchio continente a mettere mano ai bilanci e iniettare miliardi per cercare di rincorrere l'impossibile, con gravi e complessivi danni alle nostre economie. 

Infine vi è la madre di tutte le domande: siamo sicuri che l'elettrico sia la soluzione più intelligente? A sentire uno dei massimi esperti italiani in materia, il prof. Roberto Cingolani, già ministro per la transizione ecologica nel Governo Draghi, la risposta è no. Recentemente mi ha concesso un'intervista (RIGUARDALA) nella quale si diceva convinto che "non esiste il proiettile d'argento, la risposta si trova investendo su diverse tecnologie che devono essere mescolate". Per esempio se l'auto elettrica è certamente una buona idea per chi deve percorrere pochi chilometri all'interno di un centro urbano (sempre che ci siano abbastanza colonnine per le ricariche), non lo è per chi deve invece scegliere un'auto che sia capace di lunghe percorrenze. "La tecnologia è ancora immatura", diceva Cingolani in quella stessa intervista, e pare difficile che le cose possano cambiare in così pochi anni.

L'Europa, insomma, sembra si sia divisa in tifoserie, come spesso capita: gli integralisti ambientalisti contro i cattivi inquinatori. Credo che questo sia un errore fatale che rischia di costarci miliardi e produrre un effetto molto minore rispetto a quello che ci aspettiamo. Fermarsi un attimo a ragionare ascoltando gli esperti è così difficile?