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di Andrea Chiappori*

Ancora poco e sarà Natale. Dio si avvicina a noi, non ci lascia soli, ma è un “piccolo”, stentiamo a riconoscerlo, ha bisogno di crescere. Per questo, come in ogni giorno dell’anno lo sguardo è rivolto alla nostra città e al mondo che ci circonda. La festa che celebriamo non è, nella sua essenza, un momento di astrazione bensì un richiamo a maggiore consapevolezza dei bisogni e delle criticità nonché delle potenzialità che non mancano. Dietro al cinismo, alla rassegnazione, all’individualismo come dietro alla fragilità, povertà, mancanza di futuro, si nasconde una speranza. Il Natale ci aiuta a rinvigorirla, a renderla protagonista, a lasciarci guidare da questo flebile lumicino: la speranza. Non siamo condannati a vivere ad occhi chiusi, ad accettare tutto, in particolare il buio che sembra dominare la città e il mondo. Segnato dai femminicidi e dalla guerra ,dalla crescente violenza il nostro tempo sembra produrre sempre più isolamento e solitudine che portano alla contrapposizione, alla paura che facilmente si trasforma in odio. Le cronache di piccoli e grandi contesti ci parlano di disumanità crescente.

Eppure la speranza racchiusa nel Natale e dimenticata nel cuore di ciascuno dice che non tutto è perduto. Si possono muovere passi concreti, piccole svolte significative per andare oltre il pessimismo. Forse non abbiamo grandi mezzi per operare questi cambiamenti ma in fondo non serve molto. Basta una attenzione, gesti di vicinanza, di interesse, una parola. Abbiamo il tempo, forse il bene più prezioso, e possiamo utilizzare secondo le nostre scelte. Cose piccole ma molto grandi per gli altri e anche per noi stessi, un messaggio che ognuno invia anche a se stesso: c’è una speranza.

Rischiare di andare incontro agli altri, farli entrare nel proprio orizzonte, rappresenta la grande sfida del nostro tempo. Possiamo far entrare nella nostra vita quotidiana l’attesa di pace di tante persone che vivono nell’assurdità della guerra. La pace oggi sembra impossibile. E forse non interessa. Ma non è impossibile: va sognata, attesa, costruita. La pace ha molto a che fare con i nostri comportamenti, le nostre scelte, il nostro stile di vita.

Sognare la Pace, lavorare per la Pace, non è altro che compiere quelle scelte possibile e quotidiane, alla nostra portata: fermarsi per strada di fronte all’umanità sofferente, colmare le solitudini che incontriamo, aiutare a raccogliere i frammenti di tante storie che sembrano perdute. E’ Natale, Auguri! Dopo tornerà tutto come prima? Chi sa? Intanto lasciamo riemergere quella piccola speranza che abbiamo dimenticato ricoperta di tanta polvere, sia lei, come una stella a guidarci in questi giorni.

*Andrea Chiappori, responsabile Comunità Sant'Egidio Liguria.