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di Franco Manzitti

Questa volta la protesta degli studenti merita una riflessione in più e una partecipazione “forte”, ma anche qualche distinguo. Incontrando il loro corteo nel cuore di Genova avrei voluto abbracciarli tutti, perché la loro categoria ha vissuto e vive come in una prigione gli anni più decisivi della formazione non solo scolastica. E non sa ancora se è fuori dalla gabbia della Dad, ma anche dai recinti di ogni tipo che stanno condizionando la vita di tutti, ma in particolare di quelli che attraversano l’età più esplosiva della vita, l’adolescenza, la maturità che arriva attraverso tanti processi che il Covid ha limitato e deviato, congelato e in parte distrutto.

C’è quindi una partecipazione forte alle sofferenze, al tempo perduto e irrecuperabile, alle relazioni di ogni tipo interrotte, cancellate, in molti casi perdute per sempre e a quelle mai nate. Ma oltre a questa solidarietà totale e incondizionata, oltre a questa vicinanza che ogni generazione più matura dovrebbe provare per le nostre ragazze e i nostri ragazzi, sento anche una delusione per il loro atteggiamento contro le prove scritte dell’esame di Maturità che il Ministero ha in questi giorni annunciato di avere previsto.

La protesta è proprio mirata contro quelle due prove, per le quali i ragazzi sentono di non essere preparati dopo due anni e mezzo di didattica a distanza, di limitazioni forti nel loro sistema di studio. Capisco la denuncia di un grave deficit cognitivo, ampiamente giustificato, ma non capisco come questo crei problemi per la prova dello scritto d’italiano. Anzi quella prova è qualcosa che può anche non avere bisogno di una preparazione specifica e che può essere affrontata tenendo conto dello “status” in cui abbiamo vissuto .

Non credo che le “tracce” di italiano, dopo due anni come questi ultimi, saranno scelte senza considerare il tempo trascorso. Me lo auguro e lo spero. Anzi non mi stupirei se il Ministero scegliesse un tema connesso proprio all’emergenza che abbiamo vissuto dal punto di vista dei ragazzi vittime “totali” dei lock down, delle restrizioni, degli obblighi di ogni tipo. Sarebbe un grandissimo segnale se anzi questa scelta fosse annunciata in anticipo e rivolta a ogni tipo di scuola. L’esperienza del periodo più difficile e anche drammatico della storia recente raccontato dalla generazione più colpita nella sua crescita, nella sua formazione.  

Tutti quei ragazzi vanno aiutati e abbracciati. Sempre. Perché nessuna generazione di quella età così delicata, a parte quelle che sono andate in guerra, ha passato quello che è toccato a loro.     

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