L’abbiamo immaginata e vissuta in questi mesi come una specie di “topografia della memoria”. Non abbiamo, al momento, cantieri interessanti a disposizione: quelli delle grandi opere o sono ancora nei rendering o sono mastodontici, difficili da osservare e seguire. Impossibili da correggere con quella frase che qualche nostro anziano pronunciava davanti a uno scavo scuotendo la testa: “Ma non si dovrebbe fare così….” Magari, suggerendo al geometra che stava organizzando un lavoro in città, una sua personalissima soluzione.
No. La nostra “topografia della memoria” ci consente di girare Genova in ogni quartiere, in ogni delegazione, risalendo la valle della Polcevera dove c’erano i serbatoi di Garrone o la valle del Bisagno per andare a vedere quel piazzale Adriatico dove erano nati i “tupamaros” della banda XXII Ottobre che, seguendo allora un iniziale istinto rivoluzionario e post-resistenziale, avrebbero voluto lottare contro la stagione dei golpe neofascisti. Girare e ricordare.
Ogni strada, piazza, salita, vicolo, per noi accende una notizia. Distorsione professionale? Di certo. Ma non c’è niente da fare. Con Franco Manzitti abbiamo sognato di fare i giornalisti in quarta elementare, quando alla “Celesia” di corso Firenze il maestro Morleschi ci “provocava” nello svolgimento di temi. Ci siamo ritrovati in redazione subito dopo la laurea in Legge, lui al “Corriere del Pomeriggio” io nelle antiche stanze del “Lavoro” con i quadri di Saccorotti alle pareti, affidato a uno dei più straordinari critici cinematografici, Tullio Cicciarelli. Poi insieme al “Giornale” quando Indro Montanelli decise che si doveva fare l’edizione ligure. Era il 1976. Ecco da quel momento abbiamo seguito notizie, di tutti i generi, dalla politica allora governata a Genova da comunisti e socialisti, agli attentati delle Brigate rosse, dalle alluvioni catastrofiche alle sorprese delle elezioni, dai grandi processi alle meraviglie teatrali di Ivo Chiesa.
Le Brigate rosse. Sequestro del giudice Sossi, via al Forte di San Giuliano, 1974, omicidio Coco salita santa Brigida 1976, la sera in cui i soliti brigatisti rapirono Piero Costa in Spianata Castelletto 1977, là davanti al Bar Reati dove ci riunivamo con gli amici di Castelletto.
Poi dalle lezioni di Indro (“togli una ventina di aggettivi dal tuo pezzo e andrà benissimo!”) al tavolo della “Bolognese”, osannato dai suoi fans, ancora insieme nel grande “Decimonono” in via Varese. Eravamo alla fine degli anno ’70, nel pieno del sequestro di Aldo Moro, 1978. O davanti ai cadaveri della “colonna genovese” in via Fracchia, 1980. Nottate di attese, telefonate che annunciavano comunicati brigatisti. Caccia alle cabine telefoniche dove gli scritti br venivano regolarmente lasciati tra le pagine degli elenchi appesi.
Intanto la politica viaggiava. Solida con Fulvio Cerofolini, in via Garibaldi, poi con l’arrivo di Bettino Craxi e del pentapartito un po’ più sussultoria. Quella politica realizzata nell’aula rossa di Palazzo Tursi e magari preparata alle tavole di qualche trattoria. Quando i comunisti della Provincia andavano al “Saint Cyr” di piazza Marsala, odorante di fondute, quelli della federazione di salita San Leonardo scendevano più proletariamente dal “Genio”, mentre il socialista Delio Meoli portava i suoi dal “Cucciolo” degli Orti Sauli, il “generale” della Dc, Gianni Bonelli governava un agitato scudocrociato dall’elegante “Gran Gotto” dei fratelli Bertola in via Fiume e, infine, Pippo Peschiera (ferito dalle br aveva fatto un esame politico agli attentatori!) organizzava le serate di Ciriaco De Mita, “Ciri” per gli amici, nei fasti della cacciagione del “Pichin” in vico dei Parmigiani.
La caccia alle notizie in assenza di smartphone si affannava così anche a tavola per noi cronisti politici. A mangiare poco e a aprire bene le orecchie. Poi nelle sedi dei partiti: oltre a San Leonardo, la Dc in via Caffaro, il Psi in piazza Posta Vecchia.
Un giorno arrivò in cronaca una foto raggelante: il porto di Genova senza una nave. Vuoto. Era l’inizio della grande crisi, quella che accese una disputa feroce tra i “camalli” guidati dall’indimenticabile Paride Batini e il presidente del Consorzio Roberto D’Alessandro.
La nostra “topografia della memoria” salta dai moli agitati a Palazzo San Giorgio di Caricamento, fino a inginocchiarsi nelle silenziose stanze della Curia, dove il cardinale Giuseppe Siri riceveva proprio il comunista Batini per tentare una mediazione.
“Sei propriu ma’ piggèe pe vegni da mi!” sibilò sarcastico al console dei “camalli” il vescovo-principe che parlava davvero col suo popolo sempre in genovese. Alla fine una pace fu firmata. Forse così cominciò la privatizzazione che è così drammaticamente di attualità in queste ore di inchieste pesantissime sulla città.
Ecco, con Franco abbiamo cominciato a mettere insieme i luoghi e i fatti, la città e i personaggi, disegnando una storia che troverete su Primocanale. Martedì 28 alle 21 con una presentazione affollata di testimoni dei tempi passati e da lunedì 3 giugno con otto puntate realizzate con la giovane squadra di Primocanale Production guidata da Edoardo Rossi.
S’intitola semplicemente “Ti ricordi?”, col punto interrogativo alla fine. E’ la domanda forse banale , ma per noi emozionante che con Franco ci siamo fatti in questi anni tantissime volte. E che, ahimé, non smettiamo mai di lanciarci. Pazienza.
IL COMMENTO
"Breathe": la politica ha il dovere di ricordare i giorni del Covid
Il docufilm sul Covid, una lezione per la giunta che deve rifare la sanità