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di Franco Manzitti

Solidarietà piena agli studenti che stanno vivendo la prova-chiave della vita, che è l’esame di maturità non a caso chiamato così. Oggi in particolare che arrivano ad affrontarla le classi che hanno vissuto la grande difficoltà del lock down, quei mesi chiusi in casa, la didattica a distanza, il patatrac delle relazioni sociali, fondamentali in quella età di passaggio dell’adolescenza e poi il ritorno a scuola.

Ma, espressa la solidarietà, vale la pena di ripetere qualche considerazione sul valore complessivo di questa prova che noi vecchi boomers vivevamo con la stessa ansia di oggi, magari con qualche carico di fatica in più per un esame con tutte le materie e tutti i riferimenti degli anni precedenti e soprattutto con la non scarsa possibilità di essere rimandati o bocciati.

Non esistendo ancora la privacy la sentenza dell’esame appariva nei famosi quadri, esposti nelle anticamere e nei corridoi della scuola, dove si contavano davanti a tutti non solo i voti in ciascuna materia ma soprattutto il verdetto finale: promosso, rimandato o respinto. E i rimandati e i respinti, con il giudizio espresso in rosso perché risaltasse di più, fioccavano ogni anno. La percentuali dei promossi era sempre o quasi pareggiata da quella dei rimandati , che avrebbero riparato tra il primo e il quindici settembre e i respinti, che sarebbero ripartiti da zero l’anno dopo.
Questa era la selezione che la scuola applicava alla Maturità e non certo solo a quella, in una società tanto diversa da quella di oggi, ma neppure distante anni luce.

Oggi la percentuale dei promossi galleggia sempre intorno al 90 per cento e la selezione, semmai si fa, avviene attraverso il voto. Ho fatto un salto sulla sedia scoprendo nei giorni scorsi che era raddoppiata la percentuale dei non ammessi. Ho pensato allora che in qualche modo la selezione si fosse riaffacciata a scuola. Ma quando ho visto che era passata dall’1,8 al 3,6 dei possibili maturandi ho capito che non era così.
La mancanza della selezione a scuola è un po’ una caratteristica della società moderna nella quale la scelta tra i migliori, i meno bravi e i più scarsi avviene in altre fasi della vita rispetto alla scuola e con altre modalità.

Una analisi vera ci porterebbe molto lontano, mentre qua il discorso parte dalla scuola e da questa tendenza, che oramai da lustri contraddistingue tutto il percorso scolastico e poi emerge plasticamente alla Maturità che è l’esame degli esami.L’ansia dei candidati, quella sempre esagerata e spesso invasiva delle famiglie, l’attesa del verdetto non sono poi giustificate dal risultato, che è appunto vicino a quel 90 per cento, ma piuttosto dalla “vicinanza” o meno ai tormenti e ai dubbi di chi si avvicina alla prova.
La selezione manca e la sua assenza poi si manifesta anche in altri passaggi della vita, sicuramente meno nella vita di lavoro, alla quale di arriva sicuramente poco attrezzati proprio per questo e dove il dentro o fuori è spesso drastico.

Siamo disabituati oramai e proprio dalla formazione scolastica ad accettare quel dentro o fuori. Si potrebbero fare decine di esempi: da quelli perfino banali delle competizioni sportive tra bambini e ragazzi, nelle quali le esclusioni spesso suscitano reazioni famigliari spropositate, come avvengono nei rari casi scolastici. Sul campo i genitori si infuriano con il mister che non ha messo in squadra il loro bambino, a scuola impazzano i ricorsi al Tar o gli assedi ai presidi nei rari casi di bocciatura.

Insomma la selezione rara, quando avviene sembra suscitare reazioni soprattutto in famiglia, ma non è solo a queste età giovanili e in questi settori che la sua assenza, o la rivolta quando c’è, provocano conseguenze. Pensiamo alla crisi della politica, che si spiega anche con la mancata selezione nelle carriere di partiti o movimenti. Una volta si saliva gradino per gradino, essendo scelti sulla base di capacità dimostrate nei ruoli a salire, consigliere comunale, provinciale regionale, poi magari deputato e via ad andare.

Oggi nella società ruggente e mediatica della visibilità, le scalate avvengono con ben altri sistemi. Bastano cinque comparsate in tv a creare un candidato, basta un libro incredibile, come quello così inquietante di Vannacci per creare un eurodeputato da cinquecentomila voti, che va a rappresentarci a Bruxelles. Ma noi eravamo partiti banalmente dalla Maturità, per cui tanto ci si preoccupa e che poi promuove tutti. O quasi.

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