Le immagini in bianco/nero degli anni Sessanta e Settanta ci mostrano la zona di Piccapietra vivace e popolata di colletti bianchi: La Rinascente, le sedi della Miralanza e dell’Italimpianti, boutique rimaste nel cuore dei genovesi come Bagnara, Tino’s e Berti (simboli dell’understatement genovese e di un’eleganza non troppo esibita), il bar Motta, la libreria Giuridica. La recente nuova chiusura di Moody, l’attesa per la sede Primark (annunciata da qualche anno) e un ricambio di attività elevato dimostra come oggi la zona attraversi difficoltà. A tratti, soprattutto a sera, l’area sembra vuota, una parte degli uffici sono stati trasformati in residenze private, ma i flussi pedonali sono modesti e di transito, perfino una elegante tabaccheria di via XII ottobre espone l’insegna: vendesi attività.
L'assetto attuale risale agli anni Cinquanta e Sessanta
L’assetto attuale della zona nasce fra gli anni 50 e 60, sotto la spinta del boom economico si avvia la realizzazione di una “moderna” cittadella per il terziario, gli uffici (pubblici e privati) e gli ambiti porticati per i negozi. Sedi bancarie, il parcheggio multipiano e il nuovo palazzo di Giustizia completano il quadro della nuova “city” degli affari a due passi dal centro, gli edifici sono realizzati sulla base dei disegni elaborati da tutti i più importanti professionisti (architetti e ingegneri) operanti sulla scena genovese. La canzone dialettale "Piccun dagghe cianin" ("Piccone picchia piano") è ispirata proprio agli eventi collegati alla distruzione della zona per fare spazio alle nuove realizzazioni
Nel settembre 1932 è approvato il piano regolatore di massima di alcune zone del centro redatto dal Comune di Genova che trova attuazione in alcune sue parti prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, altre parti vengono realizzate successivamente (Piccapietra negli anni Cinquanta, la zona di via Madre di Dio negli anni Settanta e primi anni Ottanta) e alcuni interventi che prevedevano nuovi sventramenti di tessuto edilizio storico vengono progressivamente abbandonati (parallela a via San Lorenzo, allargamento via della Maddalena, diagonale da piazza della Nunziata a piazza Statuto e galleria da piazza Dante e via Petrarca a piazza Cavour).
La Seconda Guerra Mondiale distrusse molto edifici
Alcune aree erano risultate pesantemente colpite dalla seconda guerra mondiale con molti edifici bombardati e distrutti dalle incursioni aeree e navali. Siamo nel periodo della “ricostruzione” e successivamente si avvia la grande euforia del “boom economico”, dopo trent'anni di rinvii e modifiche e a più di settant'anni dai primi studi, si avviano le demolizioni. Dagli sventramenti che dovevano creare il "miracoloso polmone del traffico genovese" si salveranno solamente il palazzo di Pammatone inglobato nel nuovo palazzo di Giustizia e la chiesa di Santa Croce e San Camillo.
Serve riflessione attenta da parte dell'amministrazione e dei privati
Piccapietra ha solo 60 anni, o anche meno, ma li dimostra tutti, non basta la sede de Il Secolo XIX, non basta la sede Costa Crociere (rimasta pur essendo da anni parte del gruppo internazionale Carnival Corporation), non basta la banca Passadore, il palazzo di Giustizia con il suo indotto e i suoi uffici collaterali, alcune sedi legate alla medicina privata, i residui uffici comunali, non basta il boom del settore food. Il degrado è troppo grave, fra rifiuti, scritte, aree abbandonate e locali sfitti, si impone una riflessione più attenta da parte di tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti e operanti nella zona.
Francesco Gastaldi, professore associato di Urbanistica Università IUAV Venezia
IL COMMENTO
Il diritto alla dignità: un sistema socio-sanitario più equo per anziani e famiglie
Urge un rilancio di Piccapietra