GENOVA - Alla fine gli amici hanno assediato e abbracciato la bara bianca sul carro funebre quasi a non lasciarla andare via, per trattenerla, con gli occhi pieni di lacrime, come a impedirle di partire per quell'innaturale viaggio senza ritorno.
É stato straziante l'addio al quindicenne Edoardo Addezio, stroncato da un improvviso malore sabato scorso in casa di un amico giocando a fare la boxe con i compagni di classe del liceo scientifico Leonardo Da Vinci.
A officiare il funerale nella chiesa delle Cappuccine don Davide, parroco di un'altra chiesa ma scelto dal destino: perché quella tragica sera alla vista dell'ambulanza si era fermato per capire cosa stesse accadendo e quando ha saputo ha abbracciato i genitori di Edo. Sulle sedie della chiesa un foglio con su scritto del teologo Henry Scott Holland, come a esorcizzare la morte: "La morte non è niente".
In chiesa, dal pulpito, hanno parlato tanti gli amici, piangendo: nelle parole di tutti il racconto di questo ragazzino che azzannava la vita con il suo sorriso, curioso e intelligente, bello come tutti gli adolescenti che fremono dalla voglia di diventare uomini. Poche parole ma bellissime quella della fidanzatina Elisa: "Sarai al mio fianco in ogni scelta importante della mia vita". Poi nella chiesa le canzoni preferite di Edo fra cui "L'anno che verrà" di Lucio Dalla e "Certe notti" di Ligabue, che i ragazzi hanno cantato inserendo il Edo invece di Mario. Poi al luce, i palloncini colorati al cielo, finalmente azzurro dopo tanto grigio, gli striscioni con la sagoma di un cigno, a cui Edo si rifaceva quando scherzando mostrava i suoi bicipiti, striscioni rossoblù come quelli esposti, tanti, allo stadio per la partita del suo Genoa, tutti con lo stesso avvertimento, quasi minaccioso, rivolto chissà a chi, con rabbia per un fiore reciso troppo presti, "Edo è morto, ma Edo vivrà sempre nel nostro cuore". Il cuore di mamma Daria, di papà Enrico e di Agnese, la sorellina tredicenne. Ma anche nel cuore di quella marea di ragazzi, e di papà, nonni, tanta gente che avevano un motivo per arrivare nella chiesa dei Cappuccini. Molti gli amici del nonno paterno, Alfredo, imprenditore nel settore dell'edilizia, popolare a Genova anche perché ex presidente della mitica squadra di calcio della Sestrese. Poi tanti altri amici, anche volti noti, imprenditori, avvocati, politici, tecnici.
Fra il mare di persone anche Antonio De Prà, l'insegnate di tennis di Edo, che alla domanda quale è l'immagine che gli rimane dentro non riesce a trattenere la commozione e ricorda "gli occhi pieni di vita di Edo".
Castelletto tutta oggi si è stretta alla famiglia di Edo e a questi ragazzi che si sono trovati all'improvviso davanti una montagna troppo grande da scalare, Edoardo però non sarà dimenticato, non solo allo stadio, ma nel cuore di tutti, perchè "Edo è morto ma vivrà ancora". Solo per questo, alla fine, gli amici quella bara bianca l'hanno lasciata andare via.
IL COMMENTO
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