Cronaca

Tassi di interesse fino al 53%. Fra le vittime uno schiavo del gioco. Tra gli arrestati Roberto Sechi, legato al clan Fiandaca, condannato nel 2006 per associazione a delinquere di stampo mafioso.
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di Michele Varì

GENOVA - Una donna ludopatica, schiava del gioco, a cui sono stati prestati 25 mila euro con tassi di interesse del 53%. Il proprietario di un appartamento che aveva bisogno di denaro contante per sbloccare una vecchia procedura esecutiva sull’immobile, un venditore ambulante di frutta e verdura in condizioni economiche precarie, a cui sono stati consegnati 12.000 euro con un tasso di interesse del 10 % mensile.

Sono alcune delle vittime di una banda di usurai che attraverso whatsapp avevano messo in piedi un sistema di scommesse sportive clandestine i cui proventi venivano impiegati in un giro di usura.

A scoprire gli strozzini i poliziotti della squadra mobile di Genova e del Servizio centrale operativo, coordinati dal sostituto procuratore della Dda Federico Manotti, che hanno eseguito 9 misure cautelari, di cui tre in carcere, fra Genova e Alessandria.


Uno degli arrestati era stato condannato nel 2006 con sentenza definitiva perché riconosciuto partecipe di un sodalizio mafioso legato alla famiglia siciliana dei Fiandaca.

I reati contestati, commessi dal 2019 fino ad aprile 2022, sono: usura aggravata, esercizio abusivo delle scommesse, associazione per delinquere finalizzata all'organizzazione abusiva delle scommesse, autoriciclaggio per oltre 85 mila euro attraverso le scommesse con "giocate a copertura".

Gli indagati avevano realizzato un articolato sistema di raccolta di scommesse su eventi sportivi tramite gruppi whatsapp. Alcuni giocatori, in caso di perdita si indebitavano a tal punto da non riuscire a restituire le somme di denaro giocate.

Nel corso dell'indagine sono stati individuati anche i gestori di tre agenzie di scommesse di Genova, per le quali sono stati emessi decreti perquisizione. Per uno degli indagati è stato disposto il sequestro preventivo di 700 mila euro. 

"Salvatore Fiandaca, mi ha sempre detto, qualsiasi cosa che sia gioco, è mio, perché ho preso gli ergastoli per questo, ho preso un'associazione mafiosa anch'io, ho preso le confische dei beni" ha detto Roberto Sechi, uno degli arrestati nell'operazione.

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