Il fascino dell'Oriente, la bellezza delle sue stoffe e dei suoi motivi arabeggianti, la sua moda così colorata e differente da quella della nobiltà genovese di inizio Seicento, ma anche l'odio, la paura, il timore e la sottomissione del nemico: ottomani, barbareschi e turchi tra il Cinquecento e il Settecento erano tutti additati sotto il termine "turchi". Sono i Turchi proprio i protagonisti della mostra a Palazzo Lomellino che celebra i vent'anni di apertura al pubblico, in un percorso articolato in 5 diverse sezioni che ben raccontano quel sentimento ambivalente che i genovesi nutrivano in passato nei confronti dell'altro. L'allestimento è visitabile fino al 26 gennaio 2025.
I turchi
Da una parte le rotte commerciali, dall'altra le flotte nemiche. Le 52 opere in esposizione al piano nobile di Palazzo Lomellino mettono bene in luce questo rapporto polivalente con "lo straniero" nell'arco del tempo. Il turco era da imitare per lo stile, i tappeti pregiati, le stoffe particolari, gli ornamenti. Il turco era l'avversario da battere nei mari d'Oriente. Il turco era da convertire, evocato dalla Bibbia e dal Vangelo, passando proprio per i Magi. Il turco era anche lo schiavo, il prigioniero di guerra che veniva messo a lavorare sulle Galee o che andava a servizio delle famiglie nobiliari genovesi, un vezzo di gran lusso, un paggio ben vestito ma con un cerchio di ferro al collo a sottolineare la sua condizione di sottomissione. Il turco era "il cattivo" nei giochi da tavolo dell'epoca. Sono tante le curiosità che emergono dai dipinti, dai documenti, dai libri, dalle ceramiche e dalle sculture selezionate dai curatori Laura Stagno e Daniele Sanguineti.
"Nei nostri intenti c'era la volontà di spiegare al pubblico la produzione genovese di carattere così variegato di dipinti, sculture e oggetti che hanno i 'turchi' nell'accezione più generica del termine come protagonisti"
L'eredità delle mostre a Palazzo Lomellino
Oltre ad un accurato lavoro di ricerca e di documentazione storica raccolta per la realizzazione del catalogo di questa mostra, c'è un prezioso lascito che va al di là dell'allestimento. Alcuni quadri selezionati, col contributo dell'associazione Friends of Genoa, sono stati restaurati "Laddove noi organizziamo un evento espositivo cerchiamo di lasciare qualcosa che rimanga e quando possibile cerchiamo di restaurare qualche opera", spiega Patrizia Berninsone, l'anima dell'associazione che promuove la conoscenza del palazzo attraverso anche l'organizzazione di un fitto calendario di eventi, come un ciclo di incontri dedicati attorno alla mostra.
Le opere in mostra e i prestiti internazionali
L'eccezionalità di questa mostra è il sapiente accostamento di opere che arrivano da collezioni private e da altri poli museali genovesi con prestiti provenienti dal Louvre, dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dal Museo di Capodimonte: proprio dal Capodimonte è arrivato il bozzetto dell'affresco che un tempo era a Palazzo Ducale e che mostrava la Strage dei giovinetti Giustiniani a Scio.
IL COMMENTO
Il senso civico di Besi
Fare sindacato non vuol dire che il governo sbaglia tutto