GENOVA - "Fare l'assessore regionale alla sanità oggi è una sfida da far tremare i polsi, ma se mi guardo indietro non avrei potuto fare altro che il medico e ora le mie competenze servono alla Liguria". Così a Primocanale Angelo Gratarola, che nella serata di venerdì è stato designato ufficialmente come nuovo assessore regionale alla sanità.
Gratarola è stato scelto dal presidente della Regione Giovanni Toti in condivisione con tutti i partiti che compongono la maggioranza di governo della Regione e in particolare con i coordinatori regionali di Fratelli d’Italia Matteo Rosso, della Lega Liguria Edoardo Rixi e di Forza Italia Carlo Bagnasco: la selezione del profilo più adatto è stata portata avanti con un costante dialogo con gli alleati in modo da arrivare all’affidamento dell’incarico al professionista che rappresenta la migliore sintesi tra capacità, esperienza e condivisione del progetto.
Queste le prime parole di Gratarola dopo la nomina ufficiale: “L’incarico che mi è stato affidato è per me un grande onore. Prenderò questo impegno con la massima serietà mettendo al servizio della sanità ligure tutte le mie competenze e la mia esperienza. Grazie al Presidente Giovanni Toti per avermi scelto e alle forze politiche che sostengono il governo regionale per aver condiviso il mio nome".
La nomina e il passaggio di consegne e l’assegnazione formale delle deleghe avverrano nei prossimi giorni, il tempo necessario a concludere le procedure previste.
Volto dell'emergenza in Liguria (LEGGI IL RITRATTO) si è trovato, a pochi giorni dalla nomina a coordinatore del dipartimento interaziendale dell'emergenza-urgenza ligure, a gestire le complesse ore successive al crollo del Ponte Morandi il 14 agosto 2018 e poi la pandemia da Covid-19. Ancora una volta i 'primi' sul campo sanitario sono stati i medici e gli infermieri del pronto soccorso e della terapia intensiva e rianimazione.
Risponde al telefono con la solita voce calma e quell'accento lombardo che non ha perso nonostante da 13 anni viva a Genova. "Essere considerato un ligure dai liguri è difficile, sei un foresto sempre, però la Liguria è una terra che mi ha dato moltissimo in termini professionali e umani".
Liguria che l'ha visto in prima linea per il crollo del Morandi e per la gestione dell'emergenza Covid. "Il 14 agosto 2018 dal punto di vista sanitario ha rappresentato una scossa di terremoto durata qualche ora - racconta - purtroppo ci siamo accorti quasi subito che i feriti sarebbero stati pochissimi rispetto alle vittime, ma è stata una situazione molto stressante sul piano emozionale per tutti gli operatori coinvolti".
Il momento peggiore della sua carriera? Ha non solo un giorno ma un orario preciso. "Alle 23.30 del 24 marzo 2020 fuori dal pronto soccorso dell'ospedale San Martino di Genova c'erano 12 ambulanze in coda, gli infermieri uscivano con i 'bombolini' di ossigeno per andare ad assistere i pazienti che non riuscivano a respirare, non avevamo più spazio e le ambulanze non avevano tempo di andare a ricaricare le bombole principali. Era qualcosa di diverso rispetto a quello che siamo abituati a vivere in pronto soccorso, lì affrontiamo il dolore e la morte ma era diverso.
I numeri aumentavano in quelle ore e da 100 eravamo passati a 250 ricoverati in terapia intensiva, quella sera io sapevo che avevamo più solo due letti in terapia intensiva e anche se di carattere sono uno che non si abbatte ho avuto un momento di sconforto e ho visto il peso e l'altezza dell'emergenza che ci aveva travolto.
Per fortuna quei tre letti non sono serviti e il numero degli ospedalizzati ha iniziato molto lentamente a scendere ma se così non fosse stato avevo già un piano B e cioè quello di andare a usare le camere risveglio e le sale operatorie lasciando solo quelle per le urgenze".
Il nuovo assessore regionale alla sanità ha di fronte a sé tre punti fondamentali: liste d'attesa, prevenzione e riorganizzazione.
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Insieme a queste bisognerà agire in primis sul pronto soccorso: nessuno ci vuole più lavorare e chi può scappa o in altre strutture o all'estero. "E' una fuga epocale, il Covid è stato lo stress test che ne ha sancito il burn out, ma sono le condizioni di lavoro a determinare la volontà di trasferirsi, con uno stipendio equivalente ad altri reparti e orari e turni che sono massacranti, nei festivi, di notte, con il rischio di subire violenza verbale e fisica, esposti a contenziosi".
Certo non è un problema solo della Liguria ma nazionale, la carenza dei medici specialisti in medicina d'urgenza si sta cronicizzando, qualcosa però bisogna fare, subito.
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