I 'no' all'indipendenza scozzese sono intorno al 54% contro il 46% di 'sì', secondo il primo opinion poll a campione condotto in Scozia dall'istituto demoscopico YouGov. Il rilevamento - non un vero exit poll - è stato condotto su un campione di 1.828 persone dopo il voto e su 800 che hanno votato per posta. I primi exit poll: a Edimburgo 52% sì, 48% no. Nelle ultime fasi dello spoglio è spuntato anche lo spettro dei brogli elettorali: la polizia ha denunciato una decina di voti doppi a Glasgow.
L'affluenza alle urne, chiuse alle 23 ora italiana, è stata da record con il 97% registrato alle liste elettorali. In caso di vittoria dei 'sì' sarà dichiarata una nazione indipendente alla mezzanotte del 23 marzo 2015. I mercati scommettono sulla vittoria dei 'no', come dimostra l’andamento della sterlina. Tra coloro che si sono schierati per il 'no' anche Barabck Obama con un messaggio su twitter e Papa Francesco, Sul risultato hanno sicuramente inciso i possibili scenari in caso di vittoria degli 'Yes'.
ECONOMIA – Gli scenari economici di una Scozia indipendente dipendono principalmente dalle modalità di ripartizione del debito pubblico del Regno Unito, che attualmente viaggia intorno al 90% del Pil. Nelle intenzioni degli indipendentisti scozzesi c’è il progetto di creare un Paese a bassa tassazione e scarsa regolamentazione, in grado di attirare capitali esteri. Per far ciò, è necessario che il nuovo Stato scozzese non si porti dietro un fardello troppo pesante dal suo passato. Per quanto riguardo il Regno Unito, invece, la perdita della Scozia significherebbe fare i conti con una situazione economica instabile ed eterogenea. Già oggi l’economia del Paese ruota principalmente attorno alla City e alla sua capacità di incentivare creazione d’impresa.
MONETA – Per quanto riguarda l’ambito monetario, i possibili scenari sono quattro. Il primo riguarda la possibilità che la Scozia mantenga ufficialmente la sterlina, ma questo scenario sembra impraticabile per il veto di Downing Street. Il piano b potrebbe essere invece il mantenimento “ufficioso” della sterlina, sulle orme di quanto oggi fa Panama con il dollaro degli Stati Uniti. Il terzo scenario porterebbe la Scozia verso l’euro, ma i tempi tecnici (e forse anche la volontà di Bruxelles) sembrano mancare. L’ultima ipotesi è la creazione di una moneta scozzese, che al momento è però il quadro con maggiori incertezze.
BANCHE – Nelle scorse settimane, i vertici delle banche scozzesi avevano ventilato un possibile abbandono della Scozia in caso d’indipendenza. Gli stessi vertici avevano però smentito qualsiasi possibilità di trasferimento per i lavoratori scozzesi, segno che potrebbe essersi trattato più che altro di uno spot a favore del ‘no’. C’è da dire che la Scozia ha un passato (tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento) di grande stabilità bancaria, superiore a quella registrata in Inghilterra nello steso periodo. Ciò nonostante, è evidente che su questo fronte incideranno molto gli scenari economici post-indipendenza.
GEOPOLITICA – Gli sviluppi maggiori di una possibile indipendenza scozzese vanno oltre l’isola della Gran Bretagna. Gli equilibri geopolitici, in particolar modo europei, rischierebbero di essere stravolti da una vittoria del ‘si’. In ballo non c’è tanto la questione NATO, di cui tanto si è scritto in queste settimane, in quanto la Scozia indipendente resterebbe un Paese pienamente affidabile e inserito nel quadro delle strategie occidentali. Il nodo centrale è l’impatto che un eventuale ‘si’ al referendum scozzese avrebbe sugli altri movimenti indipendentisti europei. Su tutti, la battaglia della Catalogna, che lo scorso 11 settembre ha portato in strada 2 milioni di persone. Ma anche la questione Veneto, con le Regionali del 2015, rischia di diventare incandescente.
politica
Referendum in Scozia, affluenza record e duello all'ultimo voto
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