Disorientati i renziani tenui, arrabbiati gli orlandiani e i zingarettiani convinti. Mentre i leopoldini della prima ora pronti alla strenue difesa del proprio leader si contano sulle dita di una mano. A poche ore dall'annuncio della diaspora di Matteo Renzi, il Pd nel consiglio regionale della Liguria è un puzzle impazzito. Così come i cellulari dei consiglieri, alla disperata ricerca di un faro da seguire. La sensazione è che nessuno sia davvero pronto a staccarsi dal seno materno. Nessuno, escluso il renzianissimo Valter Ferrando, campione di preferenze nell'estremo ponente genovese.
"Dopo tutti gli attacchi che ha dovuto subire, era inevitabile che prima o poi uscisse. Ha fatto un'operazione strategicamente eccezionale. Prima ha messo insieme il diavolo e l'acqua santa, aprendo a Beppe Grillo e allungando il brodo facendo saltare le elezioni anticipate. Così si è ripreso il partito e ora ha tutto il tempo di preparare i suoi gruppi", commenta Ferrando all'Agenzia Dire a margine della seduta dell'assemblea legislativa. Quindi Ferrando lascera' il Pd? "Vediamo, a livello locale è ancora troppo presto. Ma se parte l'epurazione in vista delle prossime regionali, ci epuriamo da soli". Ma c'e' anche chi, dietro garanzia di anonimato, fa notare che "fino alla Leopolda e' lunga. Che cosa facciamo? Restiamo a rosolare senza sapere come muoverci?".
Molto più incerto l'altro, almeno fino a ieri, renziano Juri Michelucci, vicesegretario regionale del partito nonche' vicecapogruppo in via Fieschi. "Sono molto confuso e travagliato. Non mi piace l'acredine che molti stanno manifestando in queste ore mentre si apre una discussione seria sul futuro del Pd". Il punto per Michelucci è proprio questo: "Penso debba aprirsi un ragionamento su dove vuole andare il partito".
Raffaella Paita lascia il partito e segue le orme di Matteo Renzi. L'ex candidata del Pd alla presidenza delle Regione Liguria e attuale deputata dem, firma le dimissioni su Facebook: "Ho scelto di essere parte di una nuova sfida, una nuova forza politica per dare una casa a chi crede e lavora per un Paese moderno, aperto al mondo e al futuro. Una nuova forza politica capace di allargare la base parlamentare del governo, promuovere politiche riformiste su sviluppo, lavoro, diritti. Ma soprattutto una nuova forza politica che parli al Paese il linguaggio del futuro, che proponga al Paese una visione del futuro. Per le mie idee politiche, per le mie battaglie culturali ho deciso, con sofferenza ma senza indugi. Per la mia storia starò con Matteo Renzi".
L'altro rappresentante ligure a Roma, Franco Vazio, invece, in una nota sottolinea: "Anche questa volta, seppur con sofferenza, privilegio il 'noi' e l'essere comunità. Un quadro politico frammentato è per sua natura più debole. Sono fortemente convinto che una vera battaglia per creare opportunità e sconfiggere ingiustizie si possa condurre solo con un grande soggetto politico riformista, anche animato da sensibilita' diverse, ma unito da obiettivi e valori comuni. Per queste ragioni non seguirò Matteo Renzi, per questi motivi raddoppierò forze e impegno al servizio del Pd".
La linea ufficiale del partito è confermata dal segretario regionale, Vito Vattuone, che non lascerà. Tra coloro che sono sospesi, e apparentemente più in difficoltà, c'è il consigliere regionale Pippo Rossetti. "Prima di decidere, voglio capire. E in questa necessità di capire c'è anche la direzione delle alleanze che dovremo necessariamente stringere. E' tema valido sia per chi va, sia per chi rimane. Spero che da parte di Renzi ci sia una risposta chiara almeno alla Leopolda perché per un mero interesse personale non possiamo pensare di giocarci un pezzo di elettorato e di contendibilità con Salvini. Non capire che la convivenza è complicata, sarebbe ingenuo. Ma la separazione non porta mai nulla di positivo".
E, quindi, Rossetti che fa? "Rispondo a degli elettori, a un pezzo di partito e a un gruppo di amici con cui ho sempre fatto politica. La rincorsa alla scelta individuale non mi appartiene. Dateci tempo di parlare, credo che molto a breve ci saranno un po' di persone che avranno la necessità di confrontarsi". A sorpresa, lapidario è anche Giovanni Barbagallo: "Renzi è indifendibile e mi pare che a livello locale non ci sia neppure un grande movimento a corrergli dietro". Dall'altra parte della barricata, il gioco è più facile.
Nelle chat interne di dem e simpatizzanti dei circoli, volano pesanti insulti nei confronti dell'ex segretario neo scissionista. Il capogruppo in consiglio regionale, Giovanni Lunardon, non ha remore a sparare a zero: "Renzi è nato rottamatore ed è diventato oligarca della Prima Repubblica. Considero la scelta di Renzi un gesto sconsiderato, non all'altezza delle sfide che abbiamo di fronte e che avrebbero chiesto un tasso di responsabilita' nazionale ben maggiore". Per il capogruppo, "dopo la crisi del mondo, assistiamo alla scissione piu' strampalata e meno motivata della storia".
Con lui, il collega Mauro Righello: "Sentiremo il contenuto politico della proposta di Renzi. In ogni caso e' scontato che io lavori per l'unita' del Pd. A livello locale, dai segnali che ho dal territorio non mi pare ci siano grossi scossoni. A livello nazionale, invece, temo non ci sia grande spazio politico tra Pd e Forza Italia: il centro è stato debellato dalla crisi, chi era ceto medio e' diventato povero". Tranchant anche Luca Garibaldi, che si affida al latino: "Extra ecclesiam nulla salus. L'addio di Renzi e' un po' come quello di un partner che ti molla dicendo ti lascio perche' ti amo troppo, ma lo faccio per te".
La mossa di Renzi è guardata con attenzione non solo dal suo ormai ex partito. Al centro dell'agone politico, il subbuglio è molto e potrebbe succedere davvero di tutto. Non lo nega il leader di Liguria popolare, Andrea Costa, da sempre il più moderato dei moderati, molto in sintonia con Maurizio Lupi ma, soprattutto, con il governatore Giovanni Toti: "Io interessato a Renzi? Magari è lui che potrebbe essere interessato a noi", risponde sibillino.
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Scissione Pd, renziani disorientati in Liguria: pochi pronti a lasciare per seguire Matteo
Arrabbiati gli orlandiani e i zingarettiani convinti, Paita lascia per Renzi
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