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C'è una data, il 13 giugno, per la ripartenza
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Spadafora contro il calcio, giocatori capricciosi, Lega e Federazione litigiose, presidenti alla canna del gas, televisioni senza audience, medici che rischiano la galera. Così la serie A è spiaggiata e c'è una data il 13 giugno per la ripartenza, ma a meno di un mese da quel numero segnato sul calendario, non si sa neppure se le squadre si ritroveranno per davvero.


L'ultima è che i signori calciatori hanno detto di no ad un ritiro lungo. Una uscita dell'associazione presieduta da Tommasi che sta indignando non solo le tifoserie, ma tutta Italia. Non si parla di lavorare a mani nude negli ospedali, cari calciatori, ma di andare ad operare su un campo perfetto e a dormire e mangiare in sicurezza, ci mancherebbe, in alberghi a cinque stelle. Non è qualunquismo, è solo evidenziare una fatto che è sconcertante: in questo momento chi è un po' più fortunato di altri, da Ronaldo a  Donnarumma, da Quagliarella a Criscito nessuno si offenderà, non dovrebbe andare sulle barricate per rifiutare di lasciare per un po le famiglie.

Giustissimo giocare senza rischiare la positività al Coronavirus, in realtà dovrebbe valere per tutti i lavori, ma all'esterno la presa di posizione di portieri, terzini, mediani e attaccanti è inconcepibile. Questo non vuol dire gettare fango solo su di loro. Se la serie A è senza certezze è perché il Governo con il ministro dello sport Spadafora è chiaramente contrario al calcio, ma non si prende la briga di dire "basta così, la finiamo qui". In Francia lo hanno fatto e a parte le polemiche almeno si è presa una decisione. Idem in Germania in senso opposto. Da noi invece siamo alla guerra di trincea.


Spadafora non decide, la Lega Calcio appena lo fa invece si scopre spaccata. Sette club tra cui Genoa e Sampdoria vanno per conto loro e non firmano il protocollo per il via libera. Gravina presidente della Figc sull'olrlo di una crisi di nervi, mentre i medici del pallone come ha detto a Primocanale, Castellacci, il dottore della nazionale del 2006 campione del mondo, sono pronti a reagire davanti ad un rischio di finire in galera se qualche tesserato si becca il Covid. Come in un grottesco gioco dell'oca si torna indietro e siamo daccapo. Se il calcio è davvero la terza o seconda industria del paese ed è per questo che deve ricominciare a produrre, allora c'è da preoccuparsi perché tutti gli attori non sono degni di quei ruoli, soprattutto davanti a 35mila morti e a una crisi economica che meriterebbe serietà e non andare in onda con uno spettacolo inguardabile.