GENOVA - "L'aumento dei documenti è una bufala e la cosa inquietante è che non si è posto il dubbio su cosa sia successo. Sono cambiate solo le dimensioni delle cartelle dove sono stati tolti i file. La numerazione è cresciuta solo per motivi tecnici". È quanto ha risposto il pubblico ministero Massimo Terrile ai legali che ieri hanno lamentato il mancato "sfoltimento" dei circa 60mila documenti nel processo per il crollo del ponte Morandi che il 14 agosto 2018 spezzò la vita di 43 persone.
"I documenti sono tanti - continua Terrile - perché tanti sono i morti e perché dal 1967 al 2018 tante sono state le società che se ne sono occupate". In ogni caso "sono documenti in gran parte già conosciuti dai legali - conclude il pubblico ministero - e adesso chiedono di 'ri-conoscerli'. Avremmo potuto depositarli di volta in volta ma lo abbiamo fatto ora perché è questo il momento e perché abbiamo voluto evitare lo stillicidio di richieste di rinvii per visionare la documentazione".
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Il collegio ha rinviato al sette dicembre quando deciderà quali testi accogliere delle liste presentate da accusa e difese. Non è escluso che il processo possa entrare nel vivo a metà dicembre.
Sono 58 le persone imputate tra ex dirigenti di Autostrade e Spea (la controllata che si occupava delle manutenzioni) e tecnici, ex e attuali dirigenti del ministero delle Infrastrutture e del provveditorato delle opere pubbliche. Le due società sono uscite dal processo patteggiando circa 30 milioni. Secondo l'accusa tutti sapevano delle condizioni del Morandi ma nessuno fece nulla seguendo la logica del risparmio per garantire maggiori utili da distribuire ai soci.
IL COMMENTO
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