GENOVA - "Doveroso esserci, per loro, per chi non c'è più": è visibilmente emozionato Gianluca Ardini, uno dei pochi sopravvissuti del crollo di Ponte Morandi del 14 agosto 2018, per la prima volta presente alla commemorazione nella Radura della Memoria. Quattro anni dopo, chi ha vissuto quei momenti sulla propria pelle li rivive tutti di un colpo, come se non fosse passato neanche un giorno. Ardini non dimenticherà mai quelle quattro ore appeso all'interno del suo furgone, a venti metri di altezza. Sospeso nel vuoto letteralmente tra la vita e la morte. La morte, quella del suo collega, Luigi Matti Altadonna che ha lasciato i genitori, il fratello, la moglie e i figli nel dolore, ma anche la vita, quella di Pietro che di lì a un mese sarebbe poi nato, e di Giulia che lo stava aspettando a casa incinta. E di quell'ultima consegna prima di Ferragosto, Gianluca non ama parlare, anche a distanza di tempo, perché superare quel trauma non è possibile. "L'asfalto inizia a rompersi e noi sprofondiamo. Poi il buio", così a Primocanale in una delle tante trasmissioni dedicate al crollo e al processo di Ponte Morandi, ha descritto quei momenti terribili.
Il bacino rotto, le urla per chiedere aiuto, il conforto dei soccorritori: negli occhi di Gianluca c'è tutto questo e non c'è bisogno neanche di una parola per immaginare quello che ci conferma di lì a poco.
"E' da quando sono sceso dalla macchina che ho in testa le immagini di quel giorno"
Con lui c'è Giulia, che lo sostiene e gli è vicina oggi come allora: "E' dura trovarsi qui, ma come ci siamo ripromessi, abbiamo bisogno di dare forza ai familiari di chi non c'è più". Pietro, invece, ha quasi quattro anni e quando sarà un po' più grande saprà quanto il suo papà è stato forte, aggrappato a quel bimbo che stava per nascere e alla vita. Ma oggi era giusto esserci, come ha tenuto a sottolineare più volte.
"Essendo sopravvissuto, un po' quelle 43 persone vivono dentro di me"
IL COMMENTO
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