Oggi è la Giornata internazionale dell'infermiere, una professione di grande responsabilità e di coraggio che negli ultimi anni a causa del covid si è trovata a subire grandi cambiamenti. La data non è casuale: proprio il 12 maggio infatti, nel 1820, nasceva a Firenze Florence Nightingale, infermiera britannica considerata la madre dell'infermieristica moderna.
"Fare l'infermiera significa diventare consapevole dei propri limiti e dei propri punti di forza, è un percorso impegnativo ma anche ricco di soddisfazione a livello umano nonostante le difficoltà, soprattutto quelle del covid che sono state senza precedenti", racconta a Primocanale Federica Putzu, infermiera chirurgia Ospedale Villa Scassi di Genova Sampierdarena.
"Noi siamo abituati a passare dallo stato di quiete all'emergenza ma quella del covid non è stata un'emergenza a cui eravamo abituati. Molti infermieri erano neoassunti o neolaureati a cui mancava anche l'esperienza di base. Con il covid ci si è resi conto che l'infermiere è il perno tra i sanitari".
Il ricordo dei tempi più duri del covid è vivo per tutti gli infermieri: "Sicuramente siamo stati travolti dalla paura, tutti. Un po' era la paura di affrontare qualcosa anche a livello tecnico che non si era mai presentato prima, e di affrontare qualcosa che non si conosce. In più c'era la paura di portare a casa la malattia, tutti noi avevamo una famiglia, chi aveva genitori anziani, mariti, mogli, bambini piccoli. Eravamo terrorizzati dal tornare a casa e poter trasmettere il virus, essere noi stessi danno per le nostre famiglie", racconta Tiziana.
"Noi siamo stati definiti gli eroi, in realtà io ho questa parola la traduco così: noi abbiamo avuto coraggio, il coraggio che qualsiasi professionista deve avere. Perché fare l'infermiere significa fare aumentare la propria responsabilità verso gli altri".
IL COMMENTO
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