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di Luigi Leone

Leggo le cronache di giornali, siti internet, televisioni. E apprendo: il Pd farà agli alleati i suoi nomi come possibili candidati sindaco di Genova. E gli alleati faranno a loro volta dei nomi al Pd. Risultato: la prossima persona che sfiderà il rappresentante del centrodestra per il “soglio” di Tursi potrebbe anche non essere un esponente del Partito democratico. 

Programma e visione della città futura

Toccherà, cioè, a colui o a colei che meglio potrà interpretare il programma del centrosinistra. Il quale, lo sappiamo tutti bene, ha una visione della Genova del domani profondamente diversa da quella prima portata avanti da Marco Bucci, ora presidente della Regione Liguria, e adesso incarnata dal suo successore come vice, Pietro Piciocchi, probabilmente il candidato del centrodestra alle prossime elezioni comunali.

Ma non è una sorpresa e quindi non basta per giudicare come “positivo” l’esito del vertice di sabato. La verità è che ancora il centrosinistra non riesce a fare un nome. Sembra che questa possa essere la settimana buona. Vedremo. Ma intanto mi domando: com’è possibile che quel nome possa non essere del Pd? 

Rispettare il volere di chi ha votato

Dalle quelle parti si parla da sempre del massimo rispetto di ciò che gli elettori dicono con il loro voto. Orbene, nell’ultima tornata ufficiale, le regionali appena celebrate, il Partito democratico è stato di gran lunga il più votato a Genova. Nonostante ciò, potrebbe esserci un candidato espressione dei Cinque Stelle, di Avs o di chissà quale diavolo di partitino o movimento, il cui merito principale sarebbe di piacere ai maggiorenti locali del centrosinistra.

Si dirà: anche il Pd dovrà dare il proprio assenso. Vero. Ma se io fossi nel Pd mi incazzerei di brutto. E come, vinco a mani basse in città e mi vengono a dire che è meglio non candidare uno dei miei se voglio tenere unita la coalizione? E perché, questa disposta a fregarsene del volere degli elettori è una coalizione? Sarà un problema mio che non capisco, eppure dovrebbe essere semplice: chi prende più voti ha l’onore e l’onere di esprimere il candidato. Che di regola lo faccia il centrodestra non è che di per sé sia sbagliato.

Caro segretario ligure Davide Natale, liberissimo di non tenere in alcun conto i sondaggi (quelli commissionati da Primocanale a Tecnè ci hanno puntualmente azzeccato, tanto per dire), però non può fare finta di niente quando sono direttamente gli elettori a esprimersi. E guardi, non voglio neppure iscrivermi al partito di coloro che ritengono pericolosa per i genovesi la carica degli spezzini (lo è lei e pure Andrea Orlando, battuto alle regionali anche per i voti mancatigli proprio a Spezia). Sommessamente rilevo che il Pd ha il dovere e anche il diritto di esprimere il nome del candidato sindaco di Genova. 

Il rischio di subire una sconfitta

Ce l’ha perché possiede l’investitura popolare a farlo e ciò lo impegna anche a costo di vedere gli alleati rosicare. Il Partito democratico vada per la sua strada e stia certo che alla fine anche su un proprio nome troverà gli appoggi necessari. Del resto, Cinque Stelle, Avs e tutti gli altri “cespugli” dove possono andare senza il Pd? A sbattere.

A meno che non sia il Pd stesso a rinunciare, nonostante i voti che si porta appresso, le disponibilità emerse dal suo interno, la forza già messa in campo dai vari Sanna, Romeo, Katia Piccardo e via elencando. Ma sarebbe paradossale, e non faccio aggiunte, viste le premesse numeriche. Al limite ci sta che gli appartenenti al Pd si chiudano in una stanza e se le diano di santa ragione. Ma quando la porta si riapre, un candidato devono averlo: da proporre agli elettori, non agli alleati. E tutti, compreso il resto del centrosinistra, devono remare per lui. Sennò vincono gli “altri”, come dimostra il recente passato.

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